DON ORIONE CENTER – KANDISI
KENYA: un Paese dove convivono due anime: quella turistica e del progresso, delle grandi spiagge bianche e dei resort, con quella della povertà e della mancanza di istruzione ed ancora della superstizione.
Nascere poveri è già di per se un problema; nascere poveri e con problemi di disabilità fisica o mentale diventa un dramma perché si viene rifiutati, non solo dalla società ma persino dalle stesse famiglie che vedono come maledizioni questo tipo di problemi.
La Comunità orionina è fortemente presente in Kenya ed a Kandisi – un piccolo paese a 20 km da Nairobi – ha avviato un Centro per bambini disabili che li aiuta nell’apprendimento scolastico; il centro consente ai ragazzi di acquisire competenze nella coltivazione agricola, e in un secondo momento li inserirà nel mondo del lavoro.
Il Don Orione Kandisi Center è un piccolo pezzo di paradiso che accoglie tanti ragazzi.
Il responsabile del Don Orione Kandisi Center è don Alejandro Ruiz, un sacerdote orionino cileno che è diventato Masai per amore del prossimo.
In Africa si dice che fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce, ma la forza dell’amore che don Alejandro ed i suoi confratelli e volontari che si impegnano giornalmente per dare sollievo a tanti ragazzi che non avrebbero alcuna speranza di dignità, questa volta ha attratto una televisione nazionale.
Per conoscere meglio il Don Orione Kandisi Center leggi il testo dell’ intervista (traduzione in italiano)
Father Alex su KTN.
Speaker: Nella maggior parte del Paese i problemi di disabilità mentale sono ancora considerati una maledizione e coloro che ne soffrono , spesso sono emarginati.
Un prete cattolico, Alejandro Ruiz ha avviato un Centro per bambini disabili che li aiuta nell’apprendimento scolastico; il centro consente ai ragazzi di acquisire competenze nella coltivazione agricola, e in un secondo momento li inserirà nel mondo del lavoro.
KTN ha visitato il centro in RONGAI e ci ha raccontato quello che segue:
Nell’area di Kandisi, Jimmy Mukinya un ragazzo di 22 anni sta lavorando lo “shamba” (che è la parola swahili per orto, campagna); ma non si tratta dei un ragazzo qualsiasi e soprattutto di un orto qualsiasi: Jimmy è uno dei più di 50 ragazzi mentalmente handicappati che beneficiano del Centro del Don Orione .
Il ragazzo ha vissuto una vita di emarginazione, ma lentamente sta avvenendo il processo di riabilitazione e reinserimento nella società
Intervistato dice: “Qui li istruiamo fornendo loro le basi, per identificare gli attrezzi, gli sturmenti da lavoro, le piante e per conoscere i processi agricoli principali; la pratica dura almeno due anni e quando ottengono un titolo di studio li impieghiamo nell’azienda agricola
Ognuno dei ragazzi ha una storia personale; per esempio una ragazza di 20 anni affetta da sindrome di Down è stata portata al Centro dal padre, perché a casa la situazione stava diventando insostenibile, specialmente per la madre, che non riusciva a gestire le conseguenze derivanti dallo stato mentale della ragazza. Nel Centro vengono insegnate le competenze di base per riuscire a muoversi autonomamente.
Beatrice Nyambura: L’istruzione è uno degli scopi del Centro, basata principalmente sull’acquisizione di aritmetica, lettura e comprensione della lettura.
Un’altra ragazza, Wanjiru, celebrolesa, ha bisogno di aiuto per fare la maggior parte delle cose; dopo aver trascorso il tempo in classe, raggiunge altri ragazzi nella palestra, per fare la terapia motoria.
Un dottore spiega un tipo di esercizio fatto con una palla gigante (di quelle che si usano anche nelle nostre palestre): l’esercizio serve a far concentrare la persona sui muscoli che devono mantenere controllati per non perdere l’equilibrio; è importante che il ragazzo partecipi all’esercizio, e si concentri, affinché questo si riveli efficace.
Ci sono anche una classe multisensoriale e una dark room, utilizzare per i ragazzi iperattivi (il cui problema è che hanno scarsa attenzione ndr): attraverso delle bolle che cambiano colore in base ai movimenti, si cerca di incoraggiare il ragazzo affetto da iperattivismo a prestare attenzione al cambio di colore delle bolle, che avviene durante il movimento.
Per i terapisti, lavorare nel Centro è molto più di una giornata di lavoro (uno di loro tiene in braccio un bambino che lo stringe con affetto); uno dei terapisti dice infatti che i bambini non vogliono stare da soli .
E l’importanza del Centro non è solo per le attività che vi si svolgono, ma per il fatto che i ragazzi, una volta completato il percorso di studi potranno uscire e dire “sono qui” e non essere più emarginati, come accadeva un tempo; poter studiare, avere le competenze per cercare e trovare lavoro, o addirittura lavorare per il Centro rappresenta per questi ragazzi, finalmente, un obiettivo realizzabile.
Alcuni come Jimmy Mukinya hanno già iniziato a raccogliere i frutti del duro lavoro: il Centro gli ha prestato 20.000scellini (200 euro) con il quale si è costruito la casa, dove abita e ha appena finito di pagare l’ultima rata del prestito.
Fino a che non raggiungono la piena autonomia, il Centro resta un “paradiso” per loro: in tutto il Kenya milioni di bambini con problemi mentali sono letteralmente rinchiusi dai genitori, che non possono permettersi le cure per i “bambini speciali”. In questo Centro a questi ragazzi viene data una seconda opportunità.